Il lavoro è una dipendenza? Combatti così il workaholism

Possiamo lavorare fino a diventare dipendenti dalla nostra attività professionale? Sì, si chiama workaholism: ecco come combatterlo.

Anche il lavoro può diventare una sorta di idolo che pretende adorazioni e sacrifici. Ebbene sì, si può arrivare al punto di diventare dipendenti dal lavoro. Il lavoro come droga? Qualcosa del genere. Di sicuro la nostra attività lavorativa può diventare una sorta di dipendenza capace di assorbirci tanto da farci dimenticare non solo di noi stessi, ma anche di chi ci sta vicino.

Workaholism come combatterlo
Attenzione alla dipendenza dal lavoro – Robico.it

Sempre più spesso infatti si utilizza infatti il termineworkaholism“, che indica appunto la condizione degli “alcolizzati da lavoro”, ovvero di chi dipende dal lavoro come se fosse alcol o una sostanza stupefacente. In altre parole la persona lavoro-dipendente userà i comportamenti legati alla sua attività professionale come uno strumento  per regolare le sue tonalità emotive più negative. Al prezzo però di compromettere la sua intera esistenza.

Workaholism, come combattere questa sindrome

Come combattere quelle che è una vera e propria sindrome che – anche se una specifica definizione psicopatologica ancora non esiste – rientra a pieno titolo tra le dipendenze comportamentali?

Gli esperti – come il dottor Andrea Catena, psicologo e psicoterapeuta di Humanitas PsicoCare – ricordano che il workaholism ha due dimensioni: una cognitiva, legata al pensiero e alla preoccupazioni per il lavoro, e una comportamentale che riguarda invece il tempo che dedichiamo volontariamente al lavoro.

Dipendenza dal lavoro come funziona
Il lavoro può diventare opprimente per la nostra esistenza – Robico.it

Spesso lavorare tanto equivale a fuggire da altri problemi, per non pensarci. Non siamo in grado di gestirli e dunque ci buttiamo a capofitto in un’attività che evita di farci concentrare sulle parti “malfunzionanti” della nostra vita. Senza però renderci conto che così facendo non facciamo altro che peggiorare le cose.

Il campanello d’allarme scatta quando si supera in maniera continuativa il limite della classica giornata di lavoro, le canoniche 8 ore. Un altro campanello è l’aumento dei livelli di ansia e rabbia: il work-addicted è facilmente irritabile e incline al nervosismo. Ha spesso scatti di rabbia, sia coi colleghi che a casa. È in costante stato di ansia e di allerta, non smette di rimuginare sul lavoro. Sul piano dei sintomi fisici si parla di una costante tensione muscolare, di problemi di sonno (con frequenti risvegli), alterazione dell’appetito, problemi gastrointestinali.

Anche se è difficile generalizzare, spiega alla Gazzetta dello sport il dottor Catena, «sicuramente la psicoterapia è l’approccio più efficace». Un altro elemento che si rivela estremamente efficace, sottolinea l’esperto, «è capire le cause specifiche all’interno dell’esistenza del singolo. Sotto questa sindrome possono nascondersi depressione, traumi, incapacità di metabolizzare elementi particolarmente impattanti».

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